lunedì 9 marzo 2009

Donne: passata la festa ...


... sembrano restare aperti i problemi di sempre! Le dimostrazioni di eccellenza e i casi di successo sono sempre più frequenti ma mi pare evidente che ci sia molta strada da fare...
Proprio ieri il Presidente della Repubblica nel dare atto di quelle che "sono le luci" ovvero delle "affermazioni recenti, in vari ambiti, di personalita' femminili" non ha nascosto il fatto che "restano tante ombre. In particolare quelle della sempre modesta, molto modesta, presenza femminile nelle istituzioni rappresentative e in funzioni dirigenti nel mondo della politica". Inoltre, "restano molte ombre sulla strada della parita' salariale e innanzitutto della partecipazione delle donne alle forze di lavoro e all'occupazione complessiva". (fonte: Adnkronos)
Per quanto poco importi mi sento in sintonia con Napolitano; del resto basta guardarsi intorno, dentro le aziende come in Parlamento...
Sono maturi i tempi per un deciso miglioramento sul fronte della "parità"? Ed è giusto cominciare dall'età per la pensione di vecchiaia nel processo di rimozione delle differenze?
Cosa ne pensano i Ragionieri del 73 e dintorni?

5 commenti:

Egle ha detto...

Rispondo all'invito di Luciano ad affrontare un argomento di cui sono ovviamente testimone.
Con una premessa: faccio parte di quella minoranza che non festeggia l'8 marzo. In genere non mi piacciono i comportamenti omologati, specie se ispirati da logiche commerciali (infatti non festeggio neppure S.Valentino!), ma principalmente ritengo che riservare un giorno alla festa della donna, ci releghi ad una specie di categoria protetta ed implicitamente confermerebbe che per 364 giorni all'anno sia la festa dell'uomo.
Detto questo, devo ammettere che noi donne dobbiamo conquistare tutto a fatica, a cominciare dal farsi ascoltare, ma dipende anche dagli uomini.
Cominciamo col pensare,tutti, che uomini e donne sono uguali, che hanno solo diverse attitudini e sensibilità che insieme si completano.
Poi è vero che ci sono anche le disparità aziendali e salariali: in genere le donne vengono meglio retribuite dopo che hanno dimostrato le loro capacità. Agli uomini viene concesso più facilmente il beneficio del dubbio!

Lore ha detto...

Questo argomento é troppo vasto e complesso peró cercheró di dare il mio punto di vista.
Premetto che non sono aggiornata su quello che si dice in Italia ma sono d'accordo che effettivamente le donne non sono rappresentate abbastanza nelle alte sfere in nessuna parte del mondo.
C'é un fatto saliente di cui tener conto che é la riproduzione, per cui le donne che vogliono fare carriera devono rinunciare al meraviglioso e nello stesso tempo impegnativo compito di avere figli. Oppure devono prendersi un periodo di tempo lontane dal lavoro e sacrificare le loro aspirazioni.
Inoltre io credo che l'educazione dei figli debba essere portata avanti in famiglia per cui la scelta cade 99% delle volte sulla donna.
Personalmente non ho lavorato, o meglio, ho preso solo dei part-time fino a che i figli hanno acquisito una certa indipendenza, dopo di che ho avuto un lavoro che mi dava ampio tempo per accuparmi di loro.
La societa' moderna é progredita senza dare importanza e credito all'immensa e complessa posizione che le donne hanno in essa.
Nei tempi andati le donne si occupavano solo della famiglia, ma oggi si devono occupare della famiglia, di fare carriera e di dover competere in un campo che é sempre dominato dagli uomini i quali risentono l'ingerenza femminile e cercano di scoraggiarla e combatterla.
Non dovrebbe essere un mistero che le donne siano una minoranza nei posti chiave, non solo in politica ma anche nella sanita'.
Certo, ci sono dottori donne, ma andate negli ospedale e ditemi: quanti chirurghi donne avete visto? Quanti specialisti donne?
Specialmente in ginecologia non verrebbe naturale pensare di trovare una ginecologa? Tanto piu che essendo un terreno "sensibile" e con coinvolgimenti a livello psicologico sia piu naturale parlare da donna a donna.
Non credo sia il caso. E direi pure che una donna che riesca a entrare ed aver successo in questo campo deve avere, come diceva mio padre, tre dita di pelo sullo stomaco.
In poche parole le donne sono sempre dalla parte del torto.
In ogni caso direi che, nonostante abbiamo anni di emencipazione dietro di noi, la discriminazione é sempre presente. Molestie o pesanti apprezzamenti sono ancora abbastanza comuni, o solo il fatto che molti uomini ti trattino da "donna" e non da collega é ancora abbastanza luogo comune.
Allora che si deve fare?
Il mio punto di vista é che la maggioranza degli uomini son molto conservatori e non amano i cambiamenti. Non vogliono perdere i privilegi che hanno goduto per secoli e, sopratutto, non vogliono faticare per provare la loro capacita, specialmente sul lavoro. Quando devono competere contro un donna(questo caso si presenta raramente perché normalmente si pensa che l'uomo ha piu diritti in quanto capofamiglia), diventano cattivi e giocano scorrettamente contando soprattutto sul cameratismo maschile. Ragazzi scusatemi, non é niente di personale, mi riferisco alla maggioranza.
Guardando le cose da un'altra prospettiva non sono d'accordo con l'attitudine di molte donne che si comportano da "uomo": aggressive, troppo pratiche, insensibili e arriviste. Allora quanto lontano ci si deve spingere e quanto si vuole ottenere?
Credo che la scelta dovrebbe essere personale. Le donne che vogliono avere una carriera dovrebbero essere in grado di poterlo fare senza essere trattate con condiscenza e senza dover provare la loro capacita tre volte tanto.
L'uguaglianza sara' raggiunta quando si valutera' l'individuo in base alle competenze piuttosto che in base al sesso o alla prestanza fisica.
Chi invece preferisce, o ha la possibilita' di occuparsi solo della famiglia dovrebbe essere riconosciuto e valutato in questo ruolo che é altrettanto importante e che fornisce, normalmente, nuove generazioni ben educate e bilanciate.
Adesso faccio una valutazione in funzione a dove vivo, non so se anche in Italia é cosi.
Il tessuto sociale in Inghilterra si sta disfando completamente. Le famiglie non insegnano i valori morali ai figli. Molti ragazzi crescono senza una guida o un obiettivo. Non c'é piu' educazione, é luogo comune cominciare ad essere sessualmente attivi a 14 anni o subito dopo aver raggiunto la puberta', molti ragazzi sono delinquenti o dediti alla droga.
Io imputo questo problema al disfacimento della famiglia. Troppe "single mothers", troppi genitori che lavorano "lunghe ore" e rientrano quando é l'ora di dormire per i figli.
Scusate sono andata un po' fuori tema, ma in effetti la responsabilita' della famiglia, mi repeto, é quasi completamente sulla donna.
By the way, in Inghilterra la festa della donna viene ricordata solo dai gruppi socialisti.
Viene da ridere se si pensa che il movimento delle suffragettes é inglese. L'emancipazione affinche' anche le donne potessero votare é cominciato qui.
Lo sapete qual'é lo stato che ha concesso il voto alle donne per ultimo?

Luciano ha detto...

Per quel che riguarda gli stati che ci stanno intorno in Europa credo che l'ultimo possa essere stato la Svizzera (1971).
Ecco una nota curiosa, e imbarazzante, su come i "cugini" svizzeri hanno a lungo interpretato questa cosa:

«Il voto alle donne? Ma non fate ridere! Il loro cervello è più piccolo di quello degli uomini, il che prova che sono meno intelligenti. Sono portate all’estremismo, e andrebbero a manifestare senza neanche chiedere il permesso dei mariti. E poi non si favorirebbe l’uguaglianza sociale perchè una donna per modestia non andrebbe mai a votare quando incinta, ed essendo risaputo che le donne di campagna fanno molti più bambini delle cittadine, queste ultime godrebbero di un ingiusto vantaggio. E se le donne venissero poi elette, che umiliazione per i loro mariti! Sarebbero costretti a cucinare…»

E poco importava che entrambe le camere del Parlamento federale avessero finalmente dato il permesso al suffragio femminile nel 1958 (comunque più di 50 anni dopo la Finlandia, prima in Europa). Quando nel 1959, come richiesto dalla Costituzione, venne interpellata la popolazione, o meglio la metà maschile, ben due terzi rifiutarono la proposta parlamentare.

Poichè nel sistema di democrazia diretta svizzero l’ultima parola in fatto di legislazione spetta agli elettori si riuscì ad escludere le donne per molto tempo; ma allo stesso tempo, la grande autonomia di cui gode anche il più piccolo dei cantoni, diede loro l’occasione di irrompere nella vita politica. Fu un piccolissimo comune del canton Vallese che, nel 1957, per primo permise ai suoi membri femminili di votare. Molti cantoni gradualmente seguirono l’esempio e negli anni ’60 le donne iniziarono ad occupare sempre più posizioni di rilievo nei governi e parlamenti locali. Nel 1968, Ginevra, allora la terza città più grande del paese, poteva vantare un sindaco donna – sindaco che, in ogni caso, non poteva ancora votare nelle elezioni federali.

Questo passo avanti non impedì alla Svizzera, al momento della firma della convenzione dei diritti umani del Consiglio d’Europa, di non aderire alle sezioni riguardanti la parità tra i sessi. Lo scalpore che questa decisione provocò, costrinse il Parlamento a rivedere la sua posizione e un ennesimo referendum fu presentato al paese.

Risultato: il 7 Febbraio 1971 gli uomini svizzeri, con una maggioranza di due terzi, finalmente concessero alle loro compatriote il pieno diritto al voto, anche alle elezioni federali.

Lore ha detto...

Ebbene Luciano, vedi da te quanto é difficile praticare l'uguaglianza fra i sessi che secondo me é un controsenso perché gli uomini e le donne sono differenti e dovrebbero essere trattati differentemente affiché possano ottenere gli stessi benefici.
Quest'ultimo pensiero é lo "statement" di "equal opportunity" che si adotta nei luoghi di servizio pubblico inglesi ma potrebbe essere applicata a diversi strati sociali, non solo alle minoranze

Luciano ha detto...

Sul piano concettuale credo anch'io che il tema cruciale sia quello delle pari opportunità, in un sistema che faciliti la valorizzazione delle attitudini e delle potenzialità di ciascuno, nel rispetto diffuso delle scelte e dei diversi orientamenti.
Le differenze, così come la naturale complementarietà, sono un dono di Dio e la base del nostro modello sociale...
Sul piano pratico osservo ogni giorno situazioni che validano la gran parte dei commenti di Egle e di Lore e tocco con mano storie di palese discriminazione vicine ad altre che potremmo prendere a modello di riferimento ideale.
A livello personale/famigliare vi dirò che anche Carla, mia moglie, ha scelto (come Lore) di dare priorità alla crescita e alla educazione dei nostri figli, mettendo in un cassetto la laurea in storia e filosofia e rinunciando a parecchio sul piano della valorizzazione professionale.
Nella nostra Società queste sono scelte difficilmente reversibili, e questo non è giusto, ma se correttamente condivise, possono ripagare abbondantemente in termini di risultati, di soddisfazioni e di stabilità di una Famiglia. E' anche vero che questo non è il modello di riferimento attuale e che, spesso, non è neppure economicamente sostenibile, ma credo che in una fase come quella che stiamo vivendo ci possa essere spazio anche per rivisitare i modelli che, direttamente o indirettamente hanno alimentato una crisi profonda e preoccupante dell'istituto Famiglia. Ma questo è un altro tema...
Noto che nessuno ha raccolto la mia provocazione sull'età per la pensione di vecchiaia...
Rilanciamo?