domenica 29 marzo 2009

Chi si ricorda di Christoph Meili?

Una decina d'anni fa quest'uomo era stato definito "Un eroe dei nostri tempi".
Sono state scritte montagne di articoli su queste vicende. Chi è impegnato nel mondo della finanza forse può averne sentito parlare.
E' curioso che proprio oggi sulla stampa esca quest'articolo:
http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=451658&idsezione=9&idsito=1&idtipo=290

giovedì 19 marzo 2009

Ci sono anch'io

Il tempo è sempre tiranno e non potrò scrivere molto, ma seguo questo Blog come una cosa bella, coinvolgendo anche la mia Famiglia.
Un salutone a tutti!
Gianni

venerdì 13 marzo 2009

A proposito di “ sessantotto” In quel di Porlezza… (lettera di Gian Piero Morandi)



Nell’incontro avuto settimana scorsa, Luciano mi aveva invitato a partecipare alla tavola rotonda chiedendomi un parere su come si sia avvertita l’ondata, per certi versi “rivoluzionaria”, apportata dal “sessantotto”, con particolare riferimento al periodo degli anni trascorsi in collegio.
Raccolgo anche l’analogo invito di Luisa, che ringrazio per le parole di stima espresse nei miei confronti, nonostante l’indigesta insufficienza rimediata nel primo anno di ragioneria.
Lo faccio volentieri, proprio perché, in quel periodo, ho sperimentato personalmente l’impatto tra il “vecchio” - tutto preso dalla ricostruzione dopo il triste passato del dopoguerra e quindi già pago delle libertà riconquistate - e il “nuovo”, reclamato da una generazione che pretendeva la sperimentazione di nuove e più articolate espressioni di maggior autonomia, democrazia, partecipazione e un’ “altra” codifica della parola libertà.

Questo anche nella Scuola!
Nel bel mezzo della contestazione globale del sistema, contro un modello istituzionale che, non sempre per colpa degli addetti, risentiva della pesantezza di una burocrazia (baronie, anche?) poco incline ad aprirsi alla richiesta di una partecipazione che alterava prassi consolidate e sperimentate da decenni, non era facile adattarsi “sic et simpliciter” a proposte che apparivano sovversive dell’ordine precostituito.
Forse anche mal utilizzato dai più “facinorosi”, il concetto di autonomia e di “pretese” per contare di più anche nella stessa gestione (si pensi alle rivoluzioni dei programmi di studio, agli esami di gruppo, al “voto politico”, alle forme di autogestione, ecc.), ha finito per scontrarsi in modo anche cruento con le istituzioni detentrici di “forti” poteri.
Frettolosamente e malamente coniugato il concetto di democrazia, per contro si è annullato il concetto di autorità; appannati, a volte anche cancellati, i riferimenti etici sui quali si fondava il rapporto tra cittadino e Stato, tra studenti e docenti; l’affermarsi di una “sufficienza” dell’individuo resa ancor più esasperata (e litigiosa) da una errata interpretazione di una libertà superiore a qualsiasi regola, …. tutto questo ha finito per far emergere contraddizioni conseguenti ad una contestazione che “in nuce” conteneva, sì, importanti e giuste rivendicazioni ideali, ma che si era rivelata priva di proposte di mediazione con il mondo istituzionale, politico, economico e sociale purtroppo ancora impreparato ad accettare una “rivoluzione” così repentina del sistema.
Le successive occupazioni di Università e Scuole sono state - a mio avviso – la conseguenza di questo “fallimento culturale” che ha voluto nel concreto rifiutare ogni mediazione, finendo per rifugiarsi in forme di lotta (anche armata): proprio l’antitesi di quella democrazia che doveva fare da supporto alle diverse forme di gestione collegiale tanto calorosamente reclamate.
Comprendo allora la conclusione, un po’ amara, espressa da Egle e una certa insofferenza di Iore che, mi pare di capire, si trova ancora nei meandri della contestazione.
Mi piacerebbe sapere se lo è anche rispetto al presente.
Mi permetto inoltre di dissentire da Iore quando attribuisce al solo “potere” la “creazione delle Brigate Rosse”: alla luce anche delle successive ammissioni da parte degli stessi componenti il gruppo, tale affermazione meriterebbe una analisi più approfondita.
Del resto, le osservazioni finali di Luisa al riguardo, “solidale con le prime sommosse e ne condividevo gli ideali, un po’ meno forse le forme …. troppo sovversive”, rimandano (e confermano?) alle stesse considerazioni cui sopra accennavo.
Mi verrebbe la voglia di sottolineare come sia stata esattamente opposta la tattica “rivoluzionaria” messa in atto dal mondo economico e politico che, passo dopo passo, sta scardinando tutte le conquiste ottenute dopo tanti anni di “lotte” dal sindacato e dai lavoratori.
Una rivoluzione sottile, anche argomentata, che è stata in grado perfino di ottenere un ampio consenso, tanto è stata ben studiata e facilitata dai media: questi “moderni rivoluzionari” che detengono il potere, loro sì, hanno messo a profitto la lezione del ’68….!!!
E i risultati li stiamo scontando, oggi.
Potrebbe essere questo un valido motivo per continuare nella discussione con un nuovo capitolo: “Che cosa è rimasto, oggi, dopo il ’68?


Mi è venuto allora spontaneo cercare le motivazioni del mio comportamento alla luce dell’articolo da me firmato in quegli anni e,oggi, oggetto di questa riflessione.
Penso che le motivazioni per le quali voi, miei “giovani compagni nell’avventura scolastica”, con i quali anch’io ho condiviso parte della mia giovinezza e contrassegnati dal reciproco rispetto dei ruoli, non mi abbiate dimenticato, siano da ricercarsi nella sintesi di due linee guida alle quali ho fatto riferimento nel mio rapporto con voi e che -a mio avviso- hanno contenuto le possibili contestazioni conseguenti.
La prima: “Ricorda che a monte di un tuo diritto corrisponde a valle un tuo preciso dovere”.
La seconda: “Sappi che la tua libertà finisce quando inizia a “disturbare” (o peggio, limitare e annullare) la libertà altrui”.
La mia funzione di “educatore”, di colui cioè che deve “trarre”e favorire il miglior sviluppo della personalità della persona che gli è affidata, richiamava innanzitutto al dovere di essere preparato professionalmente (e quindi strutturare al meglio le lezioni perchè tutti potessero meglio comprendere, correggere puntualmente le verifiche, tenere una necessaria disciplina nel corso delle lezioni), di stimolare poi le capacità, anche quelle nascoste di ciascuno, e di verificare infine i risultati ottenuti ( i compitini svolti in classe senza preavviso potevano apparire un “castigo”, in realtà servivano anche per verificare la bontà del metodo da me adottato).
Cosa che, evidentemente, non potevo dire in quel momento!
E questo mio “dovere” veniva, quindi, ad essere in sintonia con il vostro diritto nel “pretendere” quanto era necessario per migliorare le conoscenze (obiettivo secondario) ma ancor più per imparare a diventare “adulto” nella vita personale e nelle relazioni con gli altri (obiettivo primario).
Per contro, e in modo direttamente proporzionale e simmetrico, avveniva lo scambio con il mio diritto di “pretendere” il meglio da ciascuno ed il vostro dovere di corrispondere con altrettanto impegno alle occasioni di crescita personale.
Tutto ciò era la risposta minima che rendeva giustizia a quanti, i vostri genitori in primis, avevano affidato alla istituzione “Collegio S.Ambrogio di Porlezza” (e di conseguenza anche al sottoscritto) la responsabilità di una formazione in linea con le loro aspettative e le loro convinzioni, al riparo -come ha sottolineato Iore- dai “cappelloni” e dai “rivoluzionari … dalle idee sovversive”.
Ebbene, in questo posto “al riparo”, mi ero premurato di rendere il clima scolastico un po’ meno pesante, non tanto sotto la spinta delle novità sessantottine, ma perché convinto che le linee guida sopra ricordate erano la base per un reciproco arricchimento, reso possibile da una mediazione tra le esigenze richieste dai rispettivi ruoli, in quel tempo visti ancora come distinti e “distanti”.

Applicare queste mie convinzioni nel mondo della scuola mi era diventato facile per via dell’esperienza che proprio in quegli anni mi trovavo a “vivere” sul fronte della politica amministrativa: in quegli anni il mio “secondo lavoro”.
Non ancora trentenne, e come ogni giovane sospinto da grandi ideali di cambiamento rispetto a consuetudini ormai obsolete e talvolta di parte (nella fattispecie, a seguito di manovre da parte delle segreterie politiche, ero stato eletto dopo la reggenza di un commissario prefettizio), m trovavo a ricercare spesso e sistematicamente una mediazione tra il “nuovo” che mi veniva spontaneo ed il “vecchio” del potere costituito, appannaggio di una sorte di anziana oligarchia, collegata e/o dipendente per lo più da schematismi e apparati fin troppo politicizzati.
La ricerca del “bene comune” per i cittadini mi chiamava ad una scelta: rifiutare a priori il dialogo e conseguentemente l’abbandono del campo (significava questo darla vinta al “vecchio”! rinunciando a qualsiasi innovazione); sottomettersi ad una prassi vigente, che poteva darti anche possibilità di gratificazione nel futuro (credo che questo però non figurasse nelle aspettative di un giovane!); oppure una terza e più opportuna soluzione: la ricerca di un consenso, il più condiviso possibile, che potesse introdurre gradualmente scelte sorrette da nuove strategie di intervento nella scuola e nel sociale in genere, quelle stesse auspicate dalle spinte ideali di quegli anni.

Solo così si può spiegare il “binomio”, amicizia e autorità (non autoritarismo!) che ha contraddistinto la mia proposta e che è stata da voi felicemente condivisa: severo ed esigente come docente, compagno ed amico nel tempo libero e nei rapporti interpersonali.
Queste “linee di programma” sono state per me dei punti di riferimento precise nel rapportarmi con gli altri, ed in particolare con i tanti ragazzi successivamente conosciuti nell’ambito della attività sportiva che non ho mai smesso di privilegiare come luogo di incontro, anche in questi giorni.
Questa positiva esperienza continuata nel tempo, mi ha dato la gioia di rimanere giovane, ma soprattutto mi ha permesso di coltivare e migliorare quella “apertura” che ti rende amico di tutti, senza con questo venir meno al necessario “ascendente” (leggi corretto uso del concetto di autorità) di chi ha la responsabilità di educare, i giovani in particolare.


Nota.
Gli interventi di Luisa, Iore e Egle mi hanno procurato una gioia immensa.
Ripristinare nei miei riguardi una amicizia, che il tempo (tanti anni sono passati da allora) non è riuscito a cancellare, ti dà una sensazione che è difficile descrivere.
L’ho detto a Luciano quando ci siamo incontrati: un avvenimento di questa portata non potrà che restare tra i momenti più belli della mia vita.
Grazie a voi, grazie con tutto il cuore.
E adesso, spero di incontrarvi, al più presto. Ciao, a tutti.

il vostro compagno matusa

lunedì 9 marzo 2009

Donne: passata la festa ...


... sembrano restare aperti i problemi di sempre! Le dimostrazioni di eccellenza e i casi di successo sono sempre più frequenti ma mi pare evidente che ci sia molta strada da fare...
Proprio ieri il Presidente della Repubblica nel dare atto di quelle che "sono le luci" ovvero delle "affermazioni recenti, in vari ambiti, di personalita' femminili" non ha nascosto il fatto che "restano tante ombre. In particolare quelle della sempre modesta, molto modesta, presenza femminile nelle istituzioni rappresentative e in funzioni dirigenti nel mondo della politica". Inoltre, "restano molte ombre sulla strada della parita' salariale e innanzitutto della partecipazione delle donne alle forze di lavoro e all'occupazione complessiva". (fonte: Adnkronos)
Per quanto poco importi mi sento in sintonia con Napolitano; del resto basta guardarsi intorno, dentro le aziende come in Parlamento...
Sono maturi i tempi per un deciso miglioramento sul fronte della "parità"? Ed è giusto cominciare dall'età per la pensione di vecchiaia nel processo di rimozione delle differenze?
Cosa ne pensano i Ragionieri del 73 e dintorni?